DODO (Raphus cucullatus)
Phylum: Cordati
Subphylum: Vertebrati
Classe: Uccelli
Ordine: Columbiformi
Famiglia: Columbidi
Quella
del dodo (o dronte) è un’altra triste storia da tramandare ai posteri per cercare
di non ripetere più tutti quegli errori che, evidentemente, l’uomo
continua a compiere.
Non si sa molto della sua etologia e delle sue
abitudini di vita, se non che il dodo era un grasso e robusto uccello
terrestre, totalmente inetto al volo. Nonostante assomigli a un grosso
pollo, il dodo apparteneva all’ordine dei columbiformi (quindi
geneticamente non molto lontano da colombi e tortore); era lungo fino a
50 cm, e poteva pesare anche 25/30 kg. I suoi antenati arrivarono
probabilmente dall’Asia meridionale quando questo continente era più a
sud, e si stabilirono esclusivamente sulle isole Mauritius, di cui il
dodo era endemico. Qui, la totale mancanza di predatori terrestri e il
clima caldo fecero in modo che il dodo si adattasse non solo vedendo
atrofizzarsi le ali (che divennero piccole e inutilizzate), ma anche
acquisendo l’abitudine di nidificare sul terreno, senza cercare ripari, e
allevando la prole con tranquillità.
L’arrivo dei coloni portoghesi e olandesi segnò la fine del dodo, ma per vie piuttosto indirette. Nonostante quanto si dice, la carne del dodo pare essere stata descritta come “disgustosa”, quindi le uccisioni da parte dell’uomo furono poche. Tuttavia fu proprio l’uomo a distruggere ettari di foresta, habitat del dodo, ma soprattutto a introdurre specie alloctone che danneggiarono drasticamente il povero uccello: cani, gatti, maiali, ratti e scimmie, introdotti sulle isole Mauritius, presero a depredare i nidi del dodo distruggendo e mangiando tutte le uova e i nidiacei. Fu una strage, poiché il dodo non era affatto pronto a questa evenienza essendosi evoluto in un ambiente privo di predatori. La specie crollò nel giro di pochissimi decenni. L’ultimo dodo fu avvistato nel 1662, anche se probabilmente la specie resistette fino alla fine del XVII secolo.
Con la sua sparizione sparì anche un pezzo di storia delle isole Mauritius, e vi fu una drastica riduzione della specie di albero Sideroxylon grandiflorum, oggi ridotto ormai a pochi e vecchissimi esemplari: sembrava esserci una stretta relazione (simbiosi) fra l’albero e l’uccello, poiché il dodo possedeva un ventriglio assai forte con cui riusciva a denudare i semi una volta ingeriti, rendendoli così pronti alla germinazione.
Oggi del dodo, oltre a una lezione che non impareremo mai, restano solo pochissimi esemplari imbalsamati.
L’arrivo dei coloni portoghesi e olandesi segnò la fine del dodo, ma per vie piuttosto indirette. Nonostante quanto si dice, la carne del dodo pare essere stata descritta come “disgustosa”, quindi le uccisioni da parte dell’uomo furono poche. Tuttavia fu proprio l’uomo a distruggere ettari di foresta, habitat del dodo, ma soprattutto a introdurre specie alloctone che danneggiarono drasticamente il povero uccello: cani, gatti, maiali, ratti e scimmie, introdotti sulle isole Mauritius, presero a depredare i nidi del dodo distruggendo e mangiando tutte le uova e i nidiacei. Fu una strage, poiché il dodo non era affatto pronto a questa evenienza essendosi evoluto in un ambiente privo di predatori. La specie crollò nel giro di pochissimi decenni. L’ultimo dodo fu avvistato nel 1662, anche se probabilmente la specie resistette fino alla fine del XVII secolo.
Con la sua sparizione sparì anche un pezzo di storia delle isole Mauritius, e vi fu una drastica riduzione della specie di albero Sideroxylon grandiflorum, oggi ridotto ormai a pochi e vecchissimi esemplari: sembrava esserci una stretta relazione (simbiosi) fra l’albero e l’uccello, poiché il dodo possedeva un ventriglio assai forte con cui riusciva a denudare i semi una volta ingeriti, rendendoli così pronti alla germinazione.
Oggi del dodo, oltre a una lezione che non impareremo mai, restano solo pochissimi esemplari imbalsamati.
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